Proprio oggi, 23 aprile 2021, esce Digging up the Scars, il nuovo album del cantautore e produttore di Nashville Neilson Hubbard. Un disco epico e intimo, sinfonico e semplice che ruota intorno a un quesito esistenziale e personale. In cosa credi? Una domanda, una supplica, che potrebbe essere rivolta al proprio amante o forse all’universo e che diventa ancora più profonda in questo tempo sospeso che stiamo vivendo.
Hubbard canta con voce matura e mette sul piatto tutte le sue abilità di produttore, campo nel quale è un maestro assoluto. A Nashville in questo momento tutti cercano lui e Dave Cobb. Il suono è costruito sull’orchestrazione della chitarra acustica con gli archi e con la suggestiva pedal steel di Juan Solorzano che eleva le canzoni a una dimensione sognante. Partecipa alla realizzazione del disco l’inseparabile amico Ben Glover, il cantautore di Belfast con cui Neilson Hubbard e Joshua Britt condividono la band The Orphan Brigade. Non è l’unico side project di Hubbard, fondatatore con Matthew Ryan della cult band Strays Don’t Sleep. Dirige con Joshua Britt la Neighborhoods Apart, compagnia con la quale ha realizzato i video musicali di artisti come John Prine, Jason Isbell, Lucinda Williams e The Blind Boys of Alabama. Ho conosciuto Neilson proprio con gli Orphan Brigade, mi sono innamorato delle loro visioni musicali e cinematografiche e con loro ho condiviso uno dei progetti più belli e intensi degli ultimi anni. Abbiamo realizzato un intero concept album, Heart of the Cave, nelle grotte sotterranee di Osimo nelle Marche. Prima o poi mi piacerebbe fare un intero disco prodotto da Neilson e su consiglio del mio amico Samuele ho lasciato che lui producesse interamente una canzone. Non una qualsiasi. A Neilson ho dato la ballata più cinematografica e surreale del disco.
Le ballate hanno la capacità di concentrare in pochi minuti storie che potrebbero essere raccontate in un’intera pellicola di film. Mi affascina molto questo tipo di scrittura che ha modelli importanti in canzoni come Pancho & Lefty e il Bandito e il Campione. Eric Taylor era un maestro nello scrivere questo genere di ballate. Ricordo la notte in cui gli feci ascoltare Brasile in uno dei leggendari dopofestival del Townes Van Zandt al Pub Amandla. C’era anche Luigi Grechi e c’era anche il mio amico Samuele che si innamorò della canzone; gliela dedicavo ogni volta che la suonavo in concerto e lui sognava che un giorno la facessi produrre a Neilson Hubbard. Detto fatto. Neilson organizza una session a Nashville con Eamon McLouglin al violino e Juan Solorzano alla steel e avvolge di mistero questo viaggio surreale dal porto di Livorno a quello di Rio De Janeiro. Il viaggio di un uomo che decide di cominciare una nuova vita in una terra lontana, ma che dovrà tornare in Italia, in carcere a Verona: il passato torna sempre a bussare. Ed è per quella terra, tatuata a tal punto dentro di sé, che i compagni di cella e i secondini lo chiamavano Brasile. Non vedo l’ora di farvela ascoltar,e ma adesso non lasciatevi scappare il nuovo stupendo disco di Neilson Hubbard: Digging Up the Scars (Appaloosa Records/IRD) che esce oggi!