La realizzazione di Zabala: Episodio 12 - Tim Lorsch

La realizzazione di Zabala: Episodio 12 - Tim Lorsch

Il violino, così come la fisarmonica, sono strumenti che amo e che mi piace immaginare nelle soffitte delle case. Sono strumenti che evocano storie. In una mansarda della Valtellina è stato ritrovato il violino dello zio Tino, il fratello del mio bisnonno, che era emigrato in America. Il violino è memoria e lo è soprattutto quello di Tim Lorsch, musicista di Nashville che ha orchestrato la mia E’ solo un fiore.

Quando ci siamo sentiti al telefono nelle scorse settimane mi ha raccontato con commozione la sua storia. La sua famiglia, ebrea, scappò dalla Germania nazista alla fine degli anni 30. Tim è il primo Lorsch a nascere in America. Nel 2016 viene ritrovata una valigia in un piccolo negozio di antiquariato nella Repubblica Ceca. Quella valigia arriva miracolosamente a Nashville. Al suo interno c’è inciso il nome di Julius Israel Lorsch insieme al numero di trasporto. Julius è il prozio di Tim, deportato in un campo di concentramento. Quella valigia racconta la storia della sua famiglia e racconta le pagini più triste della Storia. Nella prima parte del XX secolo, prima dell'olocausto, la Germania era uno dei luoghi più sicuri al mondo per gli ebrei. La famiglia di Tim arriva dallo stesso ambiente che ha generato Sigmund Freud, Gustav Mahler, Albert Einstein. In quel momento la Germania era un paradiso per gli ebrei, poi in meno di un decennio, tutto è cambiato. Tim ha deciso di raccontare questa storia e “the Suitcase” diventa uno spettacolo multimediale, con solo lui sul palco e i suoi strumenti, tra musica, narrazione e fotografie d’epoca. Una storia che parla di speranze, sogni, resilienza, vulnerabilità e sopravvivenza. Il prossimo gennaio in occasione della Giornata della Memoria mi impegnerò a portare questo straordinario spettacolo in Italia.

Adesso mi godo la poesia dell’arrangiamento d’archi su “E’ Solo Un Fiore”. Delicata, cinematografica, sognante. Gli archi giocano con la chitarra elettrica di David Immerglück e con la pedal steel di Alex Valle e mi riportano alla mente il disco meraviglioso in cui avevo ascoltato il violino di Tim Lorsch per la prima volta. “Mercy” di Sam Baker era tutto costruito sugli incastri tra la steel e il violino di Tim. La cornice perfetta per la voce e la chitarra acustica di Sam e per i suoi testi infinitamente tristi e crudi. Mercy è uno dei dischi d’esordio più belli di sempre. Lo ha realizzato a 52 anni e la storia che c’è dietro sembra il copione di un film. Sam lavorava in banca come recupero crediti. Poi in seguito a un terribile incidente si licenziò e cambiò vita, dedicandosi all’arte, alla musica e alla pittura. Nel 1981 ci fu un attentato su un treno diretto a  Machupichu. Una bomba fece saltare in aria l’intera carrozza. Sam fu l’unico superstite di quella carrozza e da quel giorno si porta negli occhi la disperazione per quelle vite interrotte, corpi carbonizzati di fianco al suo, che ancora porta i segni di quel terribile incidente. Gli occhi di Sam sono azzurri come il mare e guardano l’orizzonte come se ogni giorno potesse essere l’ultimo, con infinita riconoscenza verso ogni attimo di gioia che un nuovo giorno potrà donargli. Sam è rimasto sordo da un orecchio e ha dovuto imparare a suonare la chitarra da mancino in seguito all’incidente e nel 2004 pubblica il suo primo disco, Mercy, un capolavoro assoluto grazie anche al violino di Tim Lorsch. In quegli anni prima di ritornare a casa dal Texas organizzavamo una festa in un locale di Austin che si chiamava The Mean Eyed Cat. È lì che ho suonato per la prima volta con Tim e c’erano tutti, Joe Ely, Sam Baker, Gurf Morlix, JT Van Zandt, Raul Malo dei Mavericks, Kevin Welch, Andrew Hardin e i miei inseparabili compagni di viaggio Massimilano Larocca e Marco Python Fecchio.

Tim Lorsch completa il poker d’assi di violino nel disco aggiungendosi a Carrie Rodriguez, Scarlet Rivera e Steve Wickham.


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