Oggi vi parlo di Bocephus King, anzi riprendo parte di un articolo che aveva scritto il mio amico giornalista Alfredo Del Curatolo per presentare il mio primo disco, “Le Piscine di Fecchio”. Bocephus King ha prodotto anche “Soldati” e negli anni si è consolidata un’amicizia e una collaborazione che è sfociata in tanti progetti dove spesso i nostri ruoli si sono ribaltati.
Mi sono ritrovato io a produrre Bocephus e siamo arrivati sul palco del Teatro Ariston di Sanremo a cantare Guccini inglese o nella casa di Giacomo Leopardi a parlare di De Andrè con la contessa Olimpia e a improvvisare l’Infinito in inglese nella cattedrale di Recanati. Tutto questo è finito nel disco “The Infinite & The Autogrill VOL 1”, poichè seguiranno altri due capitoli di questo viaggio musicale.
Bocephus King non poteva sottrarsi dal suonare su questo disco e partecipa con una fender telecaster suonata alla John Fogerty sul brano “C’è” e poi arrangia a suo modo la “Ninna Nanna del Maggio” che chiude il disco. Suona il vibrafono, le percussioni, canta e fischia la melodia e coinvolge il musicista persiano Ali Razmi al setar.
Potrei scrivere un intero romanzo con storie ed aneddoti della nostra amicizia che è cominciata in un ristorante di pesce in via San Siro a Milano, il Nuovo Yacht. Mario, il titolare, all’epoca era giovanissimo, più ancora di me, avevamo poco più di vent’anni. Eravamo seduti vicini nello storico live music club della mia Città, All’una&35circa, ed entrambi, come tutti i presenti, restammo folgorati da Bocephus King & The Rigalattos. Pochi giorni dopo eravamo invitati a cena nel ristorante di Mario. Poi comparve una chitarra tra i tavoli e feci ascoltare a Jamie, Bocephus King, le mie canzoni. Mi invitò ad andare in Canada a settembre. “Mi sposo. Vieni al mio matrimonio e produco il tuo disco”. Il resto di questa storia lo lascio raccontare a Freddie Del Curatolo che a proposito di sogni e di viaggi vive da tanti anni a Malindi.
Cantouver
Provate ad immaginare cosa possano avere in comune Vancouver e Fecchio.
La prima è una grande città cosmopolita canadese, dove si respira l'America "buona", quella del rock, dei cult movies, dell'impegno sociale ma anche dell'orgoglio contadino e della sacra voglia di divertirsi senza dover per forza rapire una scolaresca in gita o spargere sangue dappertutto. La seconda è un agglomerato di case alla periferia di Cantù. Agglomerato di Novecento, con le corti rurali poco distanti dai condomini di recente costruzione. Prati verdi a rischio siringhe e circoli da briscola, tranquillità e noia fuse assieme in una porzione di Brianza che non sempre ha voglia di gridare la propria appartenenza.
Geograficamente si potrebbe tirare in ballo la vicinanza dei due luoghi al mare chiuso. I grandi laghi americani contro il Lario. Le cascate del Niagara e il Ponte del diavolo di Lezzeno, Point Roberts e Carate Urio. Politicamente si potrebbe parlare della vicinanza di Cantù alla Svizzera, che sta all'Italia come il Canada agli Usa.
Ma più semplicemente Fecchio e Vancouver hanno in comune i sogni.
Ed è stata la musa della fantasia, dell'avventura, prima ancora di quella delle note, a mettere in contatto Bocephus King e Andrea Parodi.
Il primo è Jamie Perry, un ragazzone canadese che si è scelto un nome altisonante e un cognome blues per ovviare a un'adolescenza fatta di troppi miti adorati ma mai adulati e di un carattere fin troppo estroso per il Paese degli orsi e dei rangers, il secondo è un giovane cantautore che avrebbe scommesso indifferentemente con Gesù Cristo, Celentano, John Lennon o Mogol che oggigiorno in Italia si può fare musica senza compromessi e senza essere costretti a trasferirsi a Milano, Roma o New York. Un Townes Van Zandt senza alcool, un Francesco De Gregori senza snobismi che avrebbe forse fatto la mezzala di punta in una squadra di calcio professionistica, se non avesse deciso di confinare gran parte della sua fantasia nelle grate di un pentagramma e la sua voglia di avventura nell'inchiostro di una penna. Jamie ascoltava i suoi coetanei lodare gli Ac/Dc ed emozionarsi agli inni country, scriveva ballate rock sognando di comporre musica come Morricone, Andrea perdeva scommesse e cercava la sua America negli sguardi e nelle parole dei folk-singer che venivano a suonare in zona, ma non si vergognava ad imparare a memoria "Non all'amore né al denaro né al cielo" di De Andrè.
È stato l'amore del Destino per gli intrugli a sorpresa e le intese a prima vista che ha fatto incontrare i due musicisti.
È successo quando uno dei due, King, ha iniziato ad ottenere un gratificante successo anche fuori dai confini nazionali e l'altro iniziava a fare ascoltare i propri brani in piazza anche a qualcuno che non avesse l'auto targata Como. Così è nata una collaborazione solida, una brothership musical-culturale che ha dato eguale peso al rock, al country e ai nostri cantautori storici, che ha portato un menestrello brianzolo un po' intimista a consumare sushi a mezzanotte nelle mille luci dell'America del nord e un eclettico vagabondo a trovare sé stesso in un cascinale di Orsenigo. Ecco, là in fondo: luci multicrome, un pub con birra scura e frittelle allo sciroppo di mele, sushi-bar e grosse jeep su strade più larghe che lunghe. Alla radio un brano di Lucinda Williams viene accolto con enfasi dal dee-jay. Ma certo, siamo a Fecchio! Invece guarda qua: un’aiuola usata come campetto di calcio, il giornale stropicciato sul tavolo in fòrmica del bar tabacchi, una coppia di anziani che esce dalla parrocchia, rumori di motorini truccati e donne curve sulle buste della spesa. Non c'è dubbio, eccoci di nuovo a Vancouver. In concerto Andrea interpreta "Il killer dei Tennessee" come fosse stato lui, da bambino, a ruzzolare nei campi di grano del south-east. Provate a chiudere gli occhi, mentre canta. E pensate a dove siete. È un luogo magico, dove non esistono distanze e luoghi comuni, soltanto emozioni, amicizia e una strana, onirica e allo stesso tempo così realista (quasi neo-realista) concezione della vita.
Questo luogo si chiama "Cantouver" e mi dicono che esiste davvero.