La realizzazione di Zabala: Episodio 18 - David Immerglück

David Immerglück non ha bisogno di grandi presentazioni. È un membro storico di una delle band più famose al mondo, i Counting Crows e ha suonato le chitarre su uno dei miei dischi preferiti di John Hiatt, “Crossing Muddy Waters”. Una dozzina di anni fa mi innamorai del disco di un cantautore inglese di Leicester che viveva a New York, James Maddock. Il disco si chiamava “Avenue C” e decisi di cercare James e portarlo in tour in Italia. Andai a trovarlo a New York, abitava in un appartamento sulla Bowery e quella sera avrebbe suonato in uno dei suoi locali preferiti, il Rockwood Music Hall.

Fu una grande sorpresa trovare a casa di James il mitico Immy e strimpellare qualche canzone con lui sul divano mentre bolliva l’acqua della pasta. Bastarono quegli spaghetti per convincere James e David a venire insieme in Italia qualche mese dopo. Quella sera aprii il concerto di Maddock accompagnato da Immy e suonammo una mia traduzione di “It’s all over now baby blue” di Bob Dylan. Fu l’inizio di una grande amicizia. Immy venne diverse volte in tour in Italia con James, e anche quando veniva a suonare con i Counting Crows rinunciava a dormire in hotel a 5 stelle per stare da noi. Abbiamo una forte passione comune per la cucina ed Elena quando c’è Immy ospite dà il meglio di sé, a tal punto che per festeggiare il suo cinquantesimo compleanno gli hanno organizzato da Los Angeles una cena a sorpresa a casa nostra. Immy suona in tre canzoni del disco, mandolino (Maya dei girasoli e Tutti i pesci del mare) e chitarra elettrica, una Fender Jazzmaster col tremolo (È solo un fiore). Ci ho messo tanti anni a finire il disco e queste tracce le abbiamo registrate nel 2015 allo studio Edac di Fino Mornasco.

La realizzazione di Zabala: Episodio 17 - Raffaele Kohler

“I video dei musicisti che suonano dai loro balconi sono fonte di ispirazione per tutto il mondo.”

Era il 18 marzo del 2020 e la cantautrice statunitense Joan Baez lanciava un messaggio d’amore e di vicinanza all’Italia. L’America guardava all’Italia come noi guardavamo alla Cina all’inizio della Pandemia, ignara o quasi a sfatare che il Coronavirus in un paio di settimane sarebbe arrivato anche lì. Joan Baez si era commossa col video del trombettista che suonava dietro l’inferriata di una finestra di Milano. Queste immagini hanno fatto il giro del mondo, rimbalzate da tutti i telegiornali, nel momento di incertezza e paura più forte, quando tutto il Paese si è fermato.

Tutte le sere alle 18 Raffaele Kohler suonava la sua tromba da una finestra di via Fauchè, vicino a Corso Sempione, a Milano.

La suonava per tutto il suo quartiere ma anche per le centinaia di persone che si collegavano alle sue dirette su Facebook e Istagram. Centinaia di persone che sono diventate migliaia, perché le performance sono state riprese dalle principali emittenti TV e Radio.

Raffaele Kohler ha un cognome che rivela trisnonni tedeschi ma è milanese fino alle midolla. «La tromba ha un suono arcaico e nostalgico e riesce a unire sempre un po’ tutti». E così è successo: dal suo appartamento al piano terra, Raffaele ha iniziato a risuonare l’inno della città. «La cosa che mi ha commosso è che, a poco poco, si è unita la giapponese pianista del piano di fianco, poi l’anziana di quello di sopra, poi tutta la via. Una sorta di concerto polifonico in divenire».

Radio 24 durante il lockdown ha aperto tutti i giorni le trasmissioni con una telefonata a Raffaele Kohler che suonava la tromba al telefono.

I principali brand italiani si sono affrettati a realizzare spot televisivi sull’onda emotiva di questo momento drammatico. La Barilla ha scelto come simbolo Sofia Loren e l’attrice come unica clausola per accettare il ruolo ha chiesto che ci fosse anche “il trombettista che ha commosso il mondo”.

Il Busker Festival di Ferrara ha voluto Raffaele Kohler e Gianna Nannini come padrino e madrina della rassegna di quest’anno. Lo scorso ottobre Raffaele ha suonato “O mia bela Madunina” allo stadio di San Siro prima del derby Inter Milan e l’inno di Mameli al Gran Premio di Monza.

Ha portato gioia, speranza e lo ha fatto con delicatezza e poesia in un momento storico che ha stravolto e cambiato le nostre vite. Ha lanciato un messaggio di condivisione e continua a farlo per strada, nei club, nei teatri, in ogni luogo dove incontra altri musicisti o qualcuno ad ascoltare.

Raffaele è un eroe ma ancor più del suo talento, la qualità che ammiro di lui è la purezza. Quella capacità di divertirsi e incantare, senza freni, senza barriere. È un vero rivoluzionario, un amico, e uno straordinario musicista che vorrei avere sempre al mio fianco in battaglia, a cena, su un palco. E ovviamente in questo disco. Il giorno del suo compleanno (il 17 marzo, San Patrizio!) Raffaele ha pubblicato con la sua Swing Band un nuovo disco, “Una Sera in Balera”, a distanza di soli quattro mesi dall’uscita di “Rondini”. Due album legati a stretto filo che sprizzano divertimento e voglia di ballare dentro ogni nota. Anche io ho deciso di fare uscire il mio disco il giorno del mio compleanno e a questa festa Raffaele non poteva di certo mancare. Con la sua tromba mariachi su “Gabriela Y Chava Moreno” insieme a Scarlet Rivera e Joel Guzman. Con un solo notturno su “Maya dei Girasoli” che vede la partecipazione anche della sua compagna Bettina come illustratrice del vide da cui dovrebbe nascere anche un libro per bambini. Ma il brano in cui ho scatenato tutta la potenza della tromba di Raffaele è “C’è”, dove è accompagnato dal suo storico collaboratore Luciano Macchia. Tromba e trombone a braccetto con la fisa di Flaviano Braga per una sorprendente sezione fiati che ci fa volare in estate in una spiaggia caraibica del Messico o per le strade di New Orleans. Questa canzone vi farà ballare, grazie ai fiati di Raffaele e Luciano che a un certo punto partono con un solo da pelle d’oca. Si chiude un cerchio perché con quasi tutti questi musicisti pazzeschi che ho coinvolto nel disco, Raffaele ci aveva già suonato. Perché per me era naturale invitarlo ogni volta che c’era l’occasione e spesso arrivava a sorpresa, last minute, con il suono della sua tromba che raggiungeva il palco prima di lui. Perché la cominciava a suonare quando era ancora per strada, a concerto iniziato, arrivando alle spalle, o sfilando tra il pubblico in visibilio. Altre volte, come nel caso di David Bromberg, nel ruolo di arrangiatore di un’intera sezione fiati. Questo mi fa impazzire di Raffaele: il talento, la professionalità e la gioia che sono perfettamente in armonia, direttamente proporzionali tra loro. La tromba e il sorriso di Raffaele sono una di quelle cose che rendono questo mondo più bello. Buona vita compagno!

La realizzazione di Zabala: Episodio 16 - The Shelter Recording Studio & Claudia Buzzetti

Nella puntata precedente vi ho accennato dell’ultimo disco di Bocephus King, “The Infinite & The Autogrill VOL 1”, che abbiamo registrato in Italia nel dicembre del 2019. Avevo messo un annuncio per cercare una casa in campagna, isolata, dove poter registrare il disco. Tra le prime persone a rispondere ci fu Matteo Tovaglieri. “Buongiorno, se volete venire a vedere il mio studio, non sono in campagna ma c’è una bella mansarda in legno e molto spazio. Potrebbe piacervi”. Ci innamorammo subito del The Shelter Recording Studio di Meda e Matteo si rivelò un partner perfetto per supportare e tradurre velocemente le idee musicali di Bocephus King. Seguì una super session, in pochi giorni realizzammo il disco che venne pubblicato il febbraio successivo. Purtroppo il tour fu interrotto sul più bello dal Covid 19, dopo un’apparizione alla trasmissione di Luca Barbarossa sulla RAI. Il tempo di registrare, per gioco, un’ultima canzone da Matteo, “She Moves On” di Paul Simon, perché Bocephus King non vedeva l’ora di ritornare in quello studio e con quei musicisti, che poi sono i Borderlobo. Max, Angie, Alex, Raffaele e un altro personaggio sorprendente di cui non vi ho ancora parlato: Claudia Buzzetti. Claudia fu l’ultima a venire in studio e cantò dalla mattina alla sera, ininterrottamente, su tutti i brani del disco. Non erano solo dei cori, in alcune canzoni la sua voce era sullo stesso piano di quella principale, in altre ha orchestrato fino a sei, sette armonizzazioni contemporaneamente. Ci eravamo già accorti del talento di Claudia durante le sue apparizioni al Townes Van Zandt Festival. Una voce angelica, antica e con modulazioni alla Emmylou Harris che mandavano in visibilio noi appassionati del genere. Se ne accorsero subito Jono Manson e Jaime Michaels che cominciarono a coinvolgerla per registrazioni a distanza. Non passò inosservata a Paolo Ercoli che iniziò con Claudia un progetto live. Chirs Buhalis la invitò a suonare in America. C’era anche Bocephus al Festival, che dopo averla sentita cantare in camerino la trascinò sul palco con lui per cantare “If I Needed You”.  Poi la portò in tour, fino a Barcellona, e infine in studio da Matteo a cantare tutte le canzoni del disco. Mi accorsi anche io ovviamente di quanto fosse brava Claudia, e così è l’unica voce femminile su “Andrea Parodi Zabala”. Pur essendo giovanissima Claudia Buzzetti ha già fatto tante esperienze nel jazz, nella canzone d’autore, nel folk, nel rock e sta per debuttare col suo primo EP. Per mio figlio Woody Claudia Buzzetti è Hermione Granger e non è un caso che tra le eccellenze del suo curriculum ci sia il tour “Harry Potter-Film concert series” con l’Orchestra Italiana del Cinema, con cui si è esibita agli Arcimboldi di Milano e al Teatro MGM di Macau in Cina.

Il The Shelter Recording Studio è diventato una seconda casa per tutti noi Borderlobo e per Bocephus King, e con Matteo Tovaglieri è nata subito una forte intesa. Durante il primo lockdown ci siamo inventati una web radio riuscendo a continuare a lavorare e mantenendo i contatti con i musicisti, vicini e lontani. Perché questa pandemia ci ha tolto tantissimo ma ci siamo accorti che le distanze potevano essere azzerate. Il paese accanto diventava lontanissimo, irraggiungibile, ma ribaltando il concetto Austin e Nashville erano di nuovo i miei confini. Questo forse ha in parte fatto scattare la molla di finire finalmente il disco che avevo cominciato 7 anni fa in Texas. Ci sono stati degli episodi in passato in cui ci ero andato vicino, ma poi venivo sempre risucchiato da mille altri impegni. Nel 2015 avevo riaperto il progetto all’Edac Studio di Davide Lasala dove registrammo David Immerglück dei Counting Crows e probabilmente avrei registrato al Downotown Studio di Pavia del mio amico Guido Tronconi se fosse stato più vicino.  E invece quelle canzoni sono rimaste chiuse nel cassetto per tutti questi anni, un po’ come il vino che viene affinato in botte. Credo che siano arrivate a maturazione al momento giusto e che Matteo sia riuscito a valorizzare tutta la magia. La ciliegina sulla torta finale è il mastering che è stato fatto al YesMaster Studio di Nashville da James DeMain. Molti dei miei dischi preferiti da John Hiatt a Guy Clark, da Todd Snider a Mary Gauthier sono passati di lì.

La realizzazione di Zabala: Episodio 15 - Cantouver e Bocephus King

Oggi vi parlo di Bocephus King, anzi riprendo parte di un articolo che aveva scritto il mio amico giornalista Alfredo Del Curatolo per presentare il mio primo disco, “Le Piscine di Fecchio”. Bocephus King ha prodotto anche “Soldati” e negli anni si è consolidata un’amicizia e una collaborazione che è sfociata in tanti progetti dove spesso i nostri ruoli si sono ribaltati.

Mi sono ritrovato io a produrre Bocephus e siamo arrivati sul palco del Teatro Ariston di Sanremo a cantare Guccini inglese o nella casa di Giacomo Leopardi a parlare di De Andrè con la contessa Olimpia e a improvvisare l’Infinito in inglese nella cattedrale di Recanati. Tutto questo è finito nel disco “The Infinite & The Autogrill VOL 1”, poichè seguiranno altri due capitoli di questo viaggio musicale.

Bocephus King non poteva sottrarsi dal suonare su questo disco e partecipa con una fender telecaster suonata alla John Fogerty sul brano “C’è” e poi arrangia a suo modo la “Ninna Nanna del Maggio” che chiude il disco. Suona il vibrafono, le percussioni, canta e fischia la melodia e coinvolge il musicista persiano Ali Razmi al setar.

Potrei scrivere un intero romanzo con storie ed aneddoti della nostra amicizia che è cominciata in un ristorante di pesce in via San Siro a Milano, il Nuovo Yacht. Mario, il titolare, all’epoca era giovanissimo, più ancora di me, avevamo poco più di vent’anni. Eravamo seduti vicini nello storico live music club della mia Città, All’una&35circa, ed entrambi, come tutti i presenti, restammo folgorati da Bocephus King & The Rigalattos. Pochi giorni dopo eravamo invitati a cena nel ristorante di Mario. Poi comparve una chitarra tra i tavoli e feci ascoltare a Jamie, Bocephus King, le mie canzoni. Mi invitò ad andare in Canada a settembre. “Mi sposo. Vieni al mio matrimonio e produco il tuo disco”. Il resto di questa storia lo lascio raccontare a Freddie Del Curatolo che a proposito di sogni e di viaggi vive da tanti anni a Malindi.

Cantouver

Provate ad immaginare cosa possano avere in comune Vancouver e Fecchio.

La prima è una grande città cosmopolita canadese, dove si respira l'America "buona", quella del rock, dei cult movies, dell'impegno sociale ma anche dell'orgoglio contadino e della sacra voglia di divertirsi senza dover per forza rapire una scolaresca in gita o spargere sangue dappertutto. La seconda è un agglomerato di case alla periferia di Cantù. Agglomerato di Novecento, con le corti rurali poco distanti dai condomini di recente costruzione. Prati verdi a rischio siringhe e circoli da briscola, tranquillità e noia fuse assieme in una porzione di Brianza che non sempre ha voglia di gridare la propria appartenenza.

Geograficamente si potrebbe tirare in ballo la vicinanza dei due luoghi al mare chiuso. I grandi laghi americani contro il Lario. Le cascate del Niagara e il Ponte del diavolo di Lezzeno, Point Roberts e Carate Urio. Politicamente si potrebbe parlare della vicinanza di Cantù alla Svizzera, che sta all'Italia come il Canada agli Usa.

Ma più semplicemente Fecchio e Vancouver hanno in comune i sogni.

Ed è stata la musa della fantasia, dell'avventura, prima ancora di quella delle note, a mettere in contatto Bocephus King e Andrea Parodi.

Il primo è Jamie Perry, un ragazzone canadese che si è scelto un nome altisonante e un cognome blues per ovviare a un'adolescenza fatta di troppi miti adorati ma mai adulati e di un carattere fin troppo estroso per il Paese degli orsi e dei rangers, il secondo è un giovane cantautore che avrebbe scommesso indifferentemente con Gesù Cristo, Celentano, John Lennon o Mogol che oggigiorno in Italia si può fare musica senza compromessi e senza essere costretti a trasferirsi a Milano, Roma o New York. Un Townes Van Zandt senza alcool, un Francesco De Gregori senza snobismi che avrebbe forse fatto la mezzala di punta in una squadra di calcio professionistica, se non avesse deciso di confinare gran parte della sua fantasia nelle grate di un pentagramma e la sua voglia di avventura nell'inchiostro di una penna. Jamie ascoltava i suoi coetanei lodare gli Ac/Dc ed emozionarsi agli inni country, scriveva ballate rock sognando di comporre musica come Morricone, Andrea perdeva scommesse e cercava la sua America negli sguardi e nelle parole dei folk-singer che venivano a suonare in zona, ma non si vergognava ad imparare a memoria "Non all'amore né al denaro né al cielo" di De Andrè.

È stato l'amore del Destino per gli intrugli a sorpresa e le intese a prima vista che ha fatto incontrare i due musicisti.

È successo quando uno dei due, King, ha iniziato ad ottenere un gratificante successo anche fuori dai confini nazionali e l'altro iniziava a fare ascoltare i propri brani in piazza anche a qualcuno che non avesse l'auto targata Como. Così è nata una collaborazione solida, una brothership musical-culturale che ha dato eguale peso al rock, al country e ai nostri cantautori storici, che ha portato un menestrello brianzolo un po' intimista a consumare sushi a mezzanotte nelle mille luci dell'America del nord e un eclettico vagabondo a trovare sé stesso in un cascinale di Orsenigo. Ecco, là in fondo: luci multicrome, un pub con birra scura e frittelle allo sciroppo di mele, sushi-bar e grosse jeep su strade più larghe che lunghe. Alla radio un brano di Lucinda Williams viene accolto con enfasi dal dee-jay. Ma certo, siamo a Fecchio! Invece guarda qua: un’aiuola usata come campetto di calcio, il giornale stropicciato sul tavolo in fòrmica del bar tabacchi, una coppia di anziani che esce dalla parrocchia, rumori di motorini truccati e donne curve sulle buste della spesa. Non c'è dubbio, eccoci di nuovo a Vancouver. In concerto Andrea interpreta "Il killer dei Tennessee" come fosse stato lui, da bambino, a ruzzolare nei campi di grano del south-east. Provate a chiudere gli occhi, mentre canta. E pensate a dove siete. È un luogo magico, dove non esistono distanze e luoghi comuni, soltanto emozioni, amicizia e una strana, onirica e allo stesso tempo così realista (quasi neo-realista) concezione della vita.

Questo luogo si chiama "Cantouver" e mi dicono che esiste davvero.

La realizzazione di Zabala: Episodio 14 - Borderlobo

Ho sempre invidiato la dimensione delle band, dove si condividono obiettivi, fatiche, conquiste. La vita del cantautore è spesso solitaria anche se per me la musica è sempre stata condivisione e se vedo qualcuno tra il pubblico con uno strumento, sicuramente trovo il modo di farlo salire sul palco. E questo vale anche quando registro un disco. È come una grande festa, una cena dove invitare tutti gli amici. Così si è composto miracolosamente un cast stellare di musicisti internazionali. Tuttavia la dimensione della band mi mancava, così lo scorso anno sono nati i Borderlobo, in un tempo in cui l’idea di finire questo disco era molto lontana. Alcune delle mie canzoni sono finite nel repertorio dei Borderlobo insieme a cover dei Los Lobos e di Fabrizio De Andrè, rivisitate in salsa tex mex.

Una band dove non sono il solo a cantare ma c’è anche Alex Kid Gariazzo, fuoriclasse della chitarra. Conosco Alex da tantissimi anni. Mi ricordo uno dei miei primissimi concerti, al Mambo di Piateda in Valtellina, con Alex Kid Gariazzo e Davide Buffoli. Alex era un fenomeno già allora e suonava con la Treves Blues Band. Si portava l’eredità importante di chitarristi come Paolo Bonfanti e Gnola e lo chiamavano Kid perché era un ragazzino, un prodigioso ragazzino. E quello sguardo da Kid gli è rimasto cucito addosso anche ora, perché sprizza gioia e ride ogni volta che suona. Continua a divertirsi dopo tutte le esperienze che ha fatto, arrivando a suonare perfino al Circo Massimo di Roma prima di Bruce Springsteen e dei Counting Crows. Alex è uno dei musicisti e degli amici che mi sono stati più vicini negli ultimi tempi e la nostra amicizia si è rafforzata anche grazie ai Borderlobo dove abbiamo coinvolto anche la sua compagna, Angie, sorprendente bassista che suona sul brano Se Vedessi la Baia Ora insieme ad Alex e David Bromberg alla slide. Il batterista dei Borderlobo è il grande Max Malavasi che suona le percussioni su Gabriela Y Chava Moreno per ricreare la dimensione di una cantina messicana lungo il Rio Grande. “Ho suonato l’artiglieria pesante. Bicchieri, cucchiai, e ho spaccato in terra una bottiglia di vetro”. Lavoro con Max da tanti anni e Max ha accompagnato molti dei cantautori che ho portato in Italia. È un pilastro nella band di Bocephus King e sono orgoglioso che sia andato al Premio Tenco di Sanremo con lui, così come sono molto fiero delle collaborazioni di Max con Carrie Rodriguez, Larry Campbell, James Maddock. Strade che si intersecano in continuazione in questo disco. Per suonare musica tex mex serve la fisarmonica e ho la fortuna di conoscere uno dei più grandi in assoluto: Flaviano Braga. Anche con Flaviano siamo amici e suoniamo insieme da una vita. Con lui ho condiviso le prime trasferte. Mi ricordo i concerti sulle rampe di Piazzale Michelangelo a Firenze e in una vigna nelle Langhe. Flaviano era già di un’altra categoria e in quegli anni andava in tournee in Giappone con una compagnia di Flamenco. Ma non ha mai lasciato il lavoro. Tutte le mattine all’alba si sveglia per andare a pulire le strade, questo è uno degli aspetti romantici che lo rendono ancora più speciale, perché davvero potrebbe suonare con chiunque, a qualunque livello. Nel disco Flaviano suona sulla canzone C’è e la sua fisa ricama un riff insieme alla sezione fiati. E’ uno dei brani più allegri e freschi del cd. Alla pedal steel, dobro e mandolino nei Borderlobo c’è Paolo Ercoli, altro compagno di viaggio fondamentale degli ultimi anni. La prima volta ci siamo incontrati a un concerto di Kevin Welch e poi abbiamo cominciato a suonare assieme ma soprattutto Paolo, col suo stile così americano, si è rivelato il partner perfetto per molti songwriter che portavo in Italia. Paolo ai tempi lavorava come concierge in un hotel di lusso a Milano. Un giorno mi chiama: “Andrea, se domani mi licenzio mi trovi abbastanza concerti con cui mi possa mantenere?”

“Paolo, non farlo! Io cercherò di farti suonare il più possibile, ma tu non farlo”.

Si era già licenziato in realtà e la strada del musicista non è facile, ma sicuramente Paolo ha fatto delle esperienze incredibili in questi anni. È uno dei musicisti più bravi e preparati su questi strumenti americani che in pochissimi suonano in Italia. Una sorta di ambasciatore del dobro, strumento con cui fa un bellissimo assolo sulla coda di C’è. In Maya dei Girasoli invece suona la pedal steel.

Un altro punto fermo della band è il trombettista Raffaele Kohler, ma di lui vi parlerò nei prossimi giorni, in un episodio tutto suo.

La realizzazione di Zabala: Episodio 13 - Neilson Hubbard

Proprio oggi, 23 aprile 2021, esce Digging up the Scars, il nuovo album del cantautore e produttore di Nashville Neilson Hubbard. Un disco epico e intimo, sinfonico e semplice che ruota intorno a un quesito esistenziale e personale. In cosa credi? Una domanda, una supplica, che potrebbe essere rivolta al proprio amante o forse all’universo e che diventa ancora più profonda in questo tempo sospeso che stiamo vivendo.

Hubbard canta con voce matura e mette sul piatto tutte le sue abilità di produttore, campo nel quale è un maestro assoluto. A Nashville in questo momento tutti cercano lui e Dave Cobb. Il suono è costruito sull’orchestrazione della chitarra acustica con gli archi e con la suggestiva pedal steel di Juan Solorzano che eleva le canzoni a una dimensione sognante. Partecipa alla realizzazione del disco l’inseparabile amico Ben Glover, il cantautore di Belfast con cui Neilson Hubbard e Joshua Britt condividono la band The Orphan Brigade. Non è l’unico side project di Hubbard, fondatatore con Matthew Ryan della cult band Strays Don’t Sleep. Dirige con Joshua Britt la Neighborhoods Apart, compagnia con la quale ha realizzato i video musicali di artisti come John Prine, Jason Isbell, Lucinda Williams e The Blind Boys of Alabama. Ho conosciuto Neilson proprio con gli Orphan Brigade, mi sono innamorato delle loro visioni musicali e cinematografiche e con loro ho condiviso uno dei progetti più belli e intensi degli ultimi anni. Abbiamo realizzato un intero concept album, Heart of the Cave, nelle grotte sotterranee di Osimo nelle Marche. Prima o poi mi piacerebbe fare un intero disco prodotto da Neilson e su consiglio del mio amico Samuele ho lasciato che lui producesse interamente una canzone. Non una qualsiasi. A Neilson ho dato la ballata più cinematografica e surreale del disco.

Le ballate hanno la capacità di concentrare in pochi minuti storie che potrebbero essere raccontate in un’intera pellicola di film. Mi affascina molto questo tipo di scrittura che ha modelli importanti in canzoni come Pancho & Lefty e il Bandito e il Campione. Eric Taylor era un maestro nello scrivere questo genere di ballate. Ricordo la notte in cui gli feci ascoltare Brasile in uno dei leggendari dopofestival del Townes Van Zandt al Pub Amandla. C’era anche Luigi Grechi e c’era anche il mio amico Samuele che si innamorò della canzone; gliela dedicavo ogni volta che la suonavo in concerto e lui sognava che un giorno la facessi produrre a Neilson Hubbard. Detto fatto. Neilson organizza una session a Nashville con Eamon McLouglin al violino e Juan Solorzano alla steel e avvolge di mistero questo viaggio surreale dal porto di Livorno a quello di Rio De Janeiro. Il viaggio di un uomo che decide di cominciare una nuova vita in una terra lontana, ma che dovrà tornare in Italia, in carcere a Verona: il passato torna sempre a bussare. Ed è per quella terra, tatuata a tal punto dentro di sé, che i compagni di cella e i secondini lo chiamavano Brasile. Non vedo l’ora di farvela ascoltar,e ma adesso non lasciatevi scappare il nuovo stupendo disco di Neilson Hubbard: Digging Up the Scars (Appaloosa Records/IRD) che esce oggi!

La realizzazione di Zabala: Episodio 12 - Tim Lorsch

Il violino, così come la fisarmonica, sono strumenti che amo e che mi piace immaginare nelle soffitte delle case. Sono strumenti che evocano storie. In una mansarda della Valtellina è stato ritrovato il violino dello zio Tino, il fratello del mio bisnonno, che era emigrato in America. Il violino è memoria e lo è soprattutto quello di Tim Lorsch, musicista di Nashville che ha orchestrato la mia E’ solo un fiore.

Quando ci siamo sentiti al telefono nelle scorse settimane mi ha raccontato con commozione la sua storia. La sua famiglia, ebrea, scappò dalla Germania nazista alla fine degli anni 30. Tim è il primo Lorsch a nascere in America. Nel 2016 viene ritrovata una valigia in un piccolo negozio di antiquariato nella Repubblica Ceca. Quella valigia arriva miracolosamente a Nashville. Al suo interno c’è inciso il nome di Julius Israel Lorsch insieme al numero di trasporto. Julius è il prozio di Tim, deportato in un campo di concentramento. Quella valigia racconta la storia della sua famiglia e racconta le pagini più triste della Storia. Nella prima parte del XX secolo, prima dell'olocausto, la Germania era uno dei luoghi più sicuri al mondo per gli ebrei. La famiglia di Tim arriva dallo stesso ambiente che ha generato Sigmund Freud, Gustav Mahler, Albert Einstein. In quel momento la Germania era un paradiso per gli ebrei, poi in meno di un decennio, tutto è cambiato. Tim ha deciso di raccontare questa storia e “the Suitcase” diventa uno spettacolo multimediale, con solo lui sul palco e i suoi strumenti, tra musica, narrazione e fotografie d’epoca. Una storia che parla di speranze, sogni, resilienza, vulnerabilità e sopravvivenza. Il prossimo gennaio in occasione della Giornata della Memoria mi impegnerò a portare questo straordinario spettacolo in Italia.

Adesso mi godo la poesia dell’arrangiamento d’archi su “E’ Solo Un Fiore”. Delicata, cinematografica, sognante. Gli archi giocano con la chitarra elettrica di David Immerglück e con la pedal steel di Alex Valle e mi riportano alla mente il disco meraviglioso in cui avevo ascoltato il violino di Tim Lorsch per la prima volta. “Mercy” di Sam Baker era tutto costruito sugli incastri tra la steel e il violino di Tim. La cornice perfetta per la voce e la chitarra acustica di Sam e per i suoi testi infinitamente tristi e crudi. Mercy è uno dei dischi d’esordio più belli di sempre. Lo ha realizzato a 52 anni e la storia che c’è dietro sembra il copione di un film. Sam lavorava in banca come recupero crediti. Poi in seguito a un terribile incidente si licenziò e cambiò vita, dedicandosi all’arte, alla musica e alla pittura. Nel 1981 ci fu un attentato su un treno diretto a  Machupichu. Una bomba fece saltare in aria l’intera carrozza. Sam fu l’unico superstite di quella carrozza e da quel giorno si porta negli occhi la disperazione per quelle vite interrotte, corpi carbonizzati di fianco al suo, che ancora porta i segni di quel terribile incidente. Gli occhi di Sam sono azzurri come il mare e guardano l’orizzonte come se ogni giorno potesse essere l’ultimo, con infinita riconoscenza verso ogni attimo di gioia che un nuovo giorno potrà donargli. Sam è rimasto sordo da un orecchio e ha dovuto imparare a suonare la chitarra da mancino in seguito all’incidente e nel 2004 pubblica il suo primo disco, Mercy, un capolavoro assoluto grazie anche al violino di Tim Lorsch. In quegli anni prima di ritornare a casa dal Texas organizzavamo una festa in un locale di Austin che si chiamava The Mean Eyed Cat. È lì che ho suonato per la prima volta con Tim e c’erano tutti, Joe Ely, Sam Baker, Gurf Morlix, JT Van Zandt, Raul Malo dei Mavericks, Kevin Welch, Andrew Hardin e i miei inseparabili compagni di viaggio Massimilano Larocca e Marco Python Fecchio.

Tim Lorsch completa il poker d’assi di violino nel disco aggiungendosi a Carrie Rodriguez, Scarlet Rivera e Steve Wickham.

La realizzazione di Zabala: Episodio 11 - Steve Wickham

Continuiamo a parlare di violino. 10 anni dopo Desire di Dylan che si apriva in modo epico con Scarlet Rivera su Hurricane esce un altro disco che fa sicuramente parte della mia top ten di sempre: Fisherman’s Blues dei Waterboys. Due accordi di chitarra acustica, un’apertura di mandolino elettrico e poi l’entrata a gamba tesa di Steve Wickham col suo violino. Una nota lunga che ti prende per mano e ti porta in un’altra dimensione. Poi entra la voce magica di Mike Scott. Finisce la strofa ed ecco il riff di violino di Wickham che è già nella storia. E sempre su quel disco ci sono gli oltre 7 minuti di Sweet Thing di Van Morrison. Una versione pazzesca, anche grazie al suono di quel violino, antico e moderno. Ci sono le radici, il fascino, la spiritualità e il calore dell’Irlanda ma c’è anche una dimensione straordinariamente rock. Prima di unirsi ai Waterboys Steve Wickam ha suonato con Sinead O’Connor e con gli U2 per il disco War che lo vede protagonista in uno dei brani più potenti e immortali della storia: Sunday Bloody Sunday.

Mike Scott ascolta per la prima volta Steve Wickam proprio grazie a Sinead O’Connor e lo invita a partecipare alla session di Fisherman’s Blues, una delle pagine più romantiche della storia.

Un’incredibile ensemble di musicisti così tanto impegnati a divertirsi e fare musica da staccare il telefono anche alla casa discografica che li avrebbe lanciati come la più importante rock band britannica del momento. Non risposero a quella chiamata, erano troppo occupati a suonare.

Ogni giorno c’era qualche nuovo musicista che si univa alla session. Qualche anno fa è stato pubblicato un cofanetto di 7 cd di quelle registrazioni, con oltre 120 canzoni!

Ho contattato Steve Wickham grazie al mio amico James Maddock. A metà anni novanta i Waterboys fecero un’audizione perché cercavano un chitarrista solista. Si presentò James e fu preso immediatamente, e quando Mike Scott si accorse che non era solo un chitarrista ma soprattutto un cantautore lo incoraggiò a investire sulla sua carriera solista. “James, non voglio avere un talento come te sulla mia coscienza. Sono sicuro che ci rivedremo”.

James Maddock ascolta le parole di Mike Scott e fonda i Wood, firmando per la Sony. La band ha un discreto successo e alcune canzoni del disco entrano nella colonna sonora del film Serendipity e della serie Dawson’s Creek. Poi James perde la testa per una donna, la segue a New York, finisce l’amore, ma lui resta lì e sparisce da tutti i radar. Fino al 2010 quando pubblica Sunrise on Avenue C. L’eco di quel disco arriva fino a Mike Scott che si innamora delle sue canzoni e lo raggiunge a New York, per comporre insieme nuovo materiale per i Waterboys. In rete si trova traccia di quei giorni newyorkesi di James con Mike e Steve e c’è una una bellissima versione di Fisherman’s Blues dal Rockwood Music Hall.

È un onore immenso e una grande gioia avere il violino di Steve Wickam su Where the Wild Horses Run.

La realizzazione di Zabala: Episodio 10 - Scarlet Rivera

Non bisogna aver paura a fare grandi sogni perchè spesso si avverano. In questi anni mi sono successe delle cose incredibili come l’essere salito per due anni di fila sul palco del Paramount Theater di Asbury Park con Bruce Springsteen ma uno dei desideri più belli che si è realizzato è stato quello di suonare con Scarlet Rivera e di registrare il suo violino su una canzone del disco.

Uno dei primi vinili che ho acquistato da ragazzino è stato Desire di Bob Dylan. Lo feci arrivare per posta insieme ad altri vinili e per la smania di aprire velocemente il pacco rigai con un coltello il lato B di Desire che era in cima agli altri. Joey saltava e si incantava verso la metà e così cominciavo da Romance in Durango, canzone che amavo anche nella versione di Fabrizio De Andrè e rappresentava per me la chiusura di un cerchio, l’incontro tra i cantautori italiani che ascoltavo da bambino e il rock americano che cominciavo ad amare. E poi c’era quel violino di Scarlet! Ricomprai Desire non appena uscì anche in cd. È il disco di Dylan, al pari di Blood on The Tracks e Street Legal, che ho ascoltato di più.

C’è tanta letteratura nell’incontro tra Dylan e Scarlet, e Martin Scorsese lo ha raccontato benissimo nel recente film pubblicato da Netflix sulla Rolling Thunder Review. Scarlet Rivera, La Regina di Spade, è uno dei personaggi principali, sicuramente è quello più sexy, intrigante e misterioso. La leggenda narra che Bob Dylan girasse di notte per New York in macchina ascoltando i mix di Desire. Eric Clapton aveva appena registrato la sua chitarra solista sul disco. Dylan nota una ragazza col violino in spalla a un incrocio. Inchioda la macchina e la fa salire a bordo. Vanno a bere qualcosa e poi la porta in studio nel cuore della notte per registrare per gioco il suo violino sulle parti dove aveva suonato Clapton. Desire uscrià col violino di quella giovane ragazza incontrata una notte per caso al posto delle chitarre di Eric Clapton! E questo è un passaggio cruciale nella storia del rock perché un violino così non si era mai sentito prima e influenzerà il modo di fare musica creando una sintesi tra rock e folk. Il violino di Scarlet ha il profumo dei gitani e del Messico e diventerà ancora più epico durante il tour della leggendaria Rolling Thunder Review e nel film Renaldo and Clara. L’attacco di Hurricane col violino di Scarlet Rivera è una delle pagine più belle della storia del rock e ho sempre sognato di incontrarla un giorno.

Uno degli ultimi tour che ho organizzato prima della pandemia è stato quello di Eric Andersen, uno dei massimi esponenti del songwriting americano, che negli anni sessanta si esibiva al Village con Dylan, Dave Von Ronk e Joni Mitchell. Conosco Eric Andersen da molti anni, ho visto tanti suoi concerti e il suo disco Blue River è per me un capolavoro assoluto (e non solo per me, anche per Maude Lebowsky). In questo ultimo tour del novembre del 2019 Eric ha fatto uno straordinario regalo all’Italia facendo arrivare da Los Angeles Scarlet Rivera per suonare al suo fianco. Con loro sul palco c’erano anche Cheryl Prashker alle percussioni, la moglie Inge ai cori e Paolo Ercoli al dobro, steel e mandolino. Con questo meraviglioso quintetto è stato registrato un live al club Spaziomusica di Pavia che presto verrà pubblicato.

I momenti per me più intensi di quel tour sono stati due fuoriprogramma. Il primo una cena/concerto all’agriturismo La Viscontina di Somma Lombardo dove si sono uniti a noi anche Jono Manson e Johnny Irion con sua figlia Olivia, pronipote di Woody Guthrie e vederla sul palco insieme a Scarlet è stato davvero pazzesco. Poi c’è stata una cena nella mia taverna con Eric e Scarlet e un po’ di amici, tra cui Carlo Feltrinelli. In quella occasione abbiamo suonato per la prima volta insieme Gabriela y Chava Moreno. L’abbiamo suonata di nuovo, due settimane dopo, quando Scarlet è tornata dalla Grecia e poche ore prima di ripartire per l’America mi ha raggiunto all’Amandla di Cermenate dove suonavo coi Borderlobo. Ha fatto tutto il concerto con noi e quella serata resterà per me una delle più belle di sempre. Siamo rimasti in contatto in questi mesi, abbiamo suonato a distanza durante la pandemia e registrato in modo casalingo una canzone inedita, Liberi.

E adesso il suo violino su Gabriela y Chava Moreno insieme alla fisarmonica di Joel Guzman. Preparatevi un margarita ghiacciato quando l’ascolterete!

La realizzazione di Zabala: Episodio 9 - Larry Campbell & Teresa Williams

Larry Campbell è stato il chitarrista di Dylan dal 1997 al 2004 e all’apice della sua carriera ha fatto una scelta di vita rinunciando a suonare con il più grande cantautore della storia per cominciare un progetto artistico e di vita con sua moglie Teresa Williams.

Dopo il never ending tour con Bob Dylan, Larry diventa il band leader insieme a Levon Helm della leggendaria Midnight Ramble, una session che si tiene ogni sabato nel fienile della casa di Woodstock di Helm. Ogni volta nuovi ospiti che si aggiungono a questo straordinario concerto come Elvis Costello, John Prine, Emmylou Harris, Richard Thompson, Jackson Browne, Phil Lesh. Larry Campbell è un musicista di categoria superiore e oltre a Dylan e Levon Helm ha suonato coi Black Crowes, Little Feat, David Bromberg e tantissimi altri ma la cosa per me emotivamente straordinaria è che prima di raggiungere la fama Larry è stato il chitarrista della Greg Trooper Band!

Ho dato a Larry e Teresa una murder ballad, I Piani del Signore. Hanno creato dei meravigliosi cori gospel sul ritornello e Larry suona la pedal steel e il violino che si incastrano magicamente con l’organo hammond di Guzman e la canzone diventa per me uno degli highlights assoluti del disco.

La realizzazione di Zabala: Episodio 8 - David Bromberg

A proposito di fare sogni grandi… David Bromberg, una leggenda vivente.

Maestro del fingerpicking che ha imparato direttamente dal Reverendo Gary Davis. Collaboratore storico di Jerry Garcia, Jorma Kaukonen, Jerry Jeff Walker, Doug Sahm, Gordon Lighfoot, John Prine, Willie Nelson, solo per fare qualche nome. David Bromberg ha esordito con un disco omonimo nel 1972 al quale hanno partecipato George Harrison e Bob Dylan. Qui siamo davanti alla Storia della Musica. Nel suo modo di suonare si fondono blues, bluegrass, tradizioni forgiando un sound che poi un giorno avrebbero chiamato “americana”. Nel clou della sua carriera Bromberg decide di sparire dai riflettori e per anni si dedica alla costruzione di violini.

Persona colta, raffinata che abbiamo avuto il piacere di ospitare sul lago di Comabbio in occasione dell’ultima edizione del Buscadero Day. L’edizione più bella e sofferta del festival che in pochi mesi ha dovuto trovare una nuova location e il modo di sostenersi attraverso una campagna crowdfounding.

Tra le ricompense c’è una cena esclusiva con Bromberg e la sua band nell’incantevole ristorante Alla Corte Lombarda di Mornago (Va). Ad accoglierci il giovanissimo chef Marco e la sua famiglia, anche loro appassionati di musica ed emozionati per la serata che sta per cominciare. Marco si supera con un menù degustazione in cui sfoggia il meglio del suo repertorio. C’è una lunga tavolata e David Bromberg è a capotavola vicino a Paolo Carù e al mio amico Eugenio Limido. Spuntano vecchi vinili da firmare, fotografie e una chitarra e Bromberg ci regala una perla assoluta. Gli occhi sono socchiusi, l’arpeggio di chitarra ci riporta al Greenwich Village e alle scogliere dell’Irlanda e la sua voce inizia a cantare di marinai e pescatori. È una vecchia ballata di Gordon Bock. David è emozionato, anche per lui è stata una serata magica e l’amicizia che lo lega a Paolo Carù e al Buscadero è fortissima. 

È davvero un sogno sentire la sua slide elettrica su una delle ballate più dolci del mio disco: Se vedessi la baia ora.

La realizzazione di Zabala: Episodio 7 - Mexican Guitars: David Pulingham, Andrew Hardin

Oggi voglio parlarvi di due chitarristi che non potevano per nessun motivo mancare nel mio disco. Sia per la forte amicizia che mi lega a entrambi, sia soprattutto per quel suono di frontiera dal sapore messicano che rende unico il loro modo di suonare. Sto parlando di Andrew Hardin e David Pulkingham. Quando andavo a Austin per il SXSW uno dei momenti cult del festival era il concerto di chiusura che si teneva nel parcheggio del San Josè Motel sulla South Congress di fronte al Continental Club, a pochi passi dal negozio western Allens Boots e da Guero’s dove si bevono i migliori margaritas in città.

Il parcheggio si animava ai lati di bancarelle di street food, di vestiti vintage e di un folto pubblico pronto a ballare e ad applaudire ogni anno una line up da paura. 

Rock’n’roll e honky tonk con Billy Joe Shaver, HayesCarll, Chris Gaffney, Ray Wylie Hubbard e il concerto di chiusura che toccava sempre ad Alejandro Escovedo che si presentava ogni volta con una band diversa sul palco. Archi, ballerine, fiati mariachi, era un’esplosione di colori e di suoni e a dirigere l’orchestra c’era sempre David Pulkingham che infiammava il pubblico con assoli di elettrica e nylon. Ho organizzato diversi tour di Alejandro e David in Italia, che sono stati ospiti anche del Townes Van Zandt International festival. Negli ultimi anni David ha suonato con Patty Griffin e Robert Plant. Partecipa al mio disco su Where the Wild Horses Run e su Gabriela y Chava Moreno insieme a Andrew Hardin. Ero un ragazzino quando andavo a sentire i suoi concerti con Tom Russell, quasi trent’anni fa. Impazzivo per il suo modo di suonare e quando attaccava Gallo del Cielo era emozione pura.

Andrew e sua moglie Gigi sono diventati tra gli amici più cari che ho in Texas. In questi anni abbiamo condiviso molti momenti insieme, in Italia e a Wimberley, cittadina texana a sud di Austin sul fiume Blanco. Andrew è venuto in tour con Kevin Welch, John Fullbright, gli Aztex, la family band di Joel Guzman, sua moglie Sarah e il figlio Joel Gabriel e un anno a loro si è unito la leggenda della musica tex mex Augie Meyers (Texas Tornados, Tom Waits, Bob Dylan). Mi ha accompagnato a Okemah, in Oklahoma al Festival dedicato a Woody Guthrie, ha suonato nei dischi di Charlie Cinelli, Radoslav Lorkovic e della Barnetti Bros Band e qualche mese prima della pandemia ha fatto parte di una spettacolare carovana composta da Chris Buhalis, Gurf Morlix e Blackie Farrell.

Chiudete gli occhi e immaginatevi Sonora Death Row con la sua chitarra…

La realizzazione di Zabala: Episodio 6 - Keys: Brian Mitchell, Radoslav Lorkovic, Tommy Mandell

Keys: tastiere, pianoforte, wurlitzer, hammond, fisarmonica.

Ovviamente Joel Guzman, ma di lui abbiamo già parlato.

Dopo aver ascoltato le chitarre di David Grissom su Elijah quando parla la canzone aveva preso una direzione molto rock, inaspettata e l’unico strumento che valeva la pena aggiungere era l’organo hammond. Mi erano rimaste impresse le sonorità del disco Blood in the USA di Thom Chacon, tutte giocate sugli incastri del picking di chitarra acustica, il contrabbasso di Tony Garnier e l’organo visionario di Tommy Mandel. Thom mi ha dato il suo numero di telefono. “Chiamalo assolutamente, vedrai che sarà contento di suonare nel suo disco.” Mentre Thom parlava io scorrevo l’elenco dei musicisti con cui aveva suonato. Dire Straits, Brian Adams, Tina Turner, Bon Jovi, The Pretenders, Cyndi Lauper e perfino I Clash, su Combat Rock! Ci ho messo un paio di settimane prima di decidermi a chiamarlo e alla fine per fortuna l’ho fatto ed Elijah è destinata a diventare un piccolo singolo del disco.

Brian Mitchell è un altro gigante della musica americana. James Maddock mi ha sempre detto di lui “è il miglior musicista di tutta New York”. Ha suonato con Levon Helm, Bob Dylan, Dolly Parton, Dwight Yoakam, BB King, Buster Poindexter, Allen Toussaint e tantissimi altri e proprio con James Maddock è venuto in tour in Italia per suonare all’ultima edizione del Buscadero Day. Sono riuscito a farlo suonare sul mio disco il giorno stesso che si è andato a vaccinare. Brian suona il piano elettrico su Buon Anno fratello e su C’è. Un altro amico che non poteva assolutamente non partecipare a questo disco è Radoslav Lorkovic. Un altro di quei musicisti che nei primi anni 90 avevo avuto la fortuna di vedere tante volte dal vivo ad accompagnare ed esaltare le canzoni dei miei songwriters preferiti. Richard Shindell, Jimmy LaFave, Ellis Paul, Shawn Mullins, Odetta.

Radoslav è gioia pura. Origini croate e una formazione musicale che si è sviluppata nel midwest alla corte di Greg Brown, Bo Ramsey e Dave Moore. Radoslav è uno di quelli con cui ti ritrovi senza pianificarlo a mangiare in una trattoria sperduta dell’appennino o a improvvisare musica alle 3 di notte nel parcheggio di un hotel di Okemah, in Oklahoma. Tutte cose che mi sono successe e non solo a me. Il suo incontro con Shindell è leggendario. Fu Carlini a metterli sullo stesso treno, Shindell arrivava da Parigi, Radoslav partiva da Sesto Calende e si ritrovarono a fare questo viaggio insieme verso Cosenza dove avrebbero condiviso il palco. Parlarono in francese per tutte le ore del viaggio, ignorando di essere entrambi americani, cosa che scoprirono solo durante il soundcheck. Pochi mesi più tardi Radoslav registrava il suo piano e la sua fisarmonica in Reunion Hill di Shindell. Potrei riempire un libro intero di aneddoti su Radoslav e la sua squeezebox, scomparsa e riapparsa anni dopo, come per magia.

Molti anni fa in Italia gli avevano regalato una fisarmonica rossa fiammante. Era legatissimo a quello strumento e una sera, forse la sera più prestigiosa della sua carriera di musicista, qualcuno gliela rubò. Si trovava al Madison Square Garden per un concerto stellare con Jackson Browne e altri musicisti incredibili ma il suo volto era inspiegabilmente triste. Lo sponsor di quello spettacolo per far tornare il sorriso a Radoslav ordinò immediatamente una nuova fisarmonica per lui dall’Italia, che avesse quelle stesse caratteristiche e da Castelfidardo, manco a farlo apposta, arrivò una bellissima Baffetti. La cosa surreale è che qualche anno più tardi un’anziana signora trovò per caso questa fisarmonica e avendo sentito questa storia si mise in contatto con Radoslav per fargliela riavere. Così quella fisarmonica magica è sul mio disco insieme al wurlitzer e al pianoforte a coda che Radoslav ha registrato al Transient Studio di Chicago su Se vedessi la baia ora, C’è, Tutti i pesci del mare, E’ solo un fiore, Maya dei girasoli.

PS: Il booklet del cd contiene molte foto scattate da Radoslav, inclusa la spettacolare US Route 6 (l’autostrada di Kerouac), appena passata Tonopah, a est, nel Nevada

La realizzazione di Zabala: Episodio 5 - Carrie & Luke

Durante i giorni di registrazione del disco ho alloggiato con la mia famiglia nel cuore pulsante di Austin, nell’incantevole residence Posada del Rey, ospiti di Carrie Rodriguez e Luke Jacobs. L’appartamento ha una terrazza che si affaccia su una corte delimitata da archi importati direttamente dal Messico e sull’azzurro di una grande piscina. Dal terzo piano abbiamo la vista sui grattacieli della città e tutti i principali locali di musica dal vivo sono a pochi isolati da noi. Carrie e Luke sono amici, famiglia, e durante i loro tour in Italia abbiamo intrecciato viaggi nei luoghi più belli del nostro paese. Siamo stati insieme a San Remo per il Premio Tenco e dai parenti di Elena in Toscana, ma i ricordi più belli sono le cene nella nostra taverna. Carrie e Luke sono innamorati dell’Italia e ora tocca a loro farci scoprire gli angoli più belli del Texas come gli sterminati prati di bluebonnets. Tra gli higlights di quell’ultimo viaggio a Austin c’è sicuramente la cena a casa di Jim e Katy, la mamma di Carrie, pittrice, artista, donna e cuoca meravigliosa. Anche con loro è nata immediatamente una bellissima amicizia che è proseguita con viaggi e incontri tra l’America e l’Italia con il fantasma di Townes Van Zandt a illuminare la strada.

Katy era amica di Townes e di tutti quei poeti cantautori texani degli anni 70: Guy Clark, David Olney, Richard Dobson, Blaze Foley, Eric Taylor e ovviamente il suo ex marito e padre di Carrie, David Rodriguez. Carrie ha cominciato giovanissima a suonare il violino e a cantare al fianco di Chip Taylor, fratello dell’attore John Voight e quindi zio di Angiolina Jolie ma soprattutto autore di brani immortali come Wild Thing, portata al successo da Jimi Hendrix. Carrie è una delle più importanti cantautrici e violiniste americane e ha collaborato con Lucinda Williams, John Prine, Patty Griffin, Rickie Lee Jones, Mary Gauthier, Los Lobos, Alejandro Escovedo e Bill Frisell. Ho conosciuto Carrie i primi anni che andavo a Austin. Suonavamo entrambi in un locale honkytonk fuori città, mi sembra fosse a Manor ed era stato Richard Dobson a organizzarmi quel concerto. Carrie è la mia cugina texana, con i capelloni ricci come i miei e tra le cose più emozionanti che ho fatto con lei c’è sicuramente il concerto al Cactus Cafe, il locale storico universitario di Austin dove suonava Townes. Il meraviglioso violino della mia cugina americhicana è sulla ballata irish Tutti i Pesci del Mare. Luke ha avuto un ruolo fondamentale su tutto il disco e ha partecipato a molte delle session organizzate da Joel. La prima volta che l’ho ascoltato dal vivo è stato da Maria Taco’s quando suonava con i Romantica, la sua band del Minnesota. Poco tempo dopo era al fianco di Carrie, nella vita e sul palco.


Andrea Parodi Zabala Live


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